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Il dibattito sulla riforma per cancellare i debiti è al centro dell’attenzione in Italia, con prospettive che oscillano tra speranze di sollievo per le famiglie e le piccole imprese in difficoltà finanziarie e preoccupazioni legate ai possibili rischi e implicazioni di questa iniziativa. L’idea di consentire ai debitori morosi di riscattare i loro debiti a condizioni vantaggiose potrebbe rappresentare un’opportunità senza precedenti per coloro che lottano per ripagare i loro prestiti. Tuttavia, come in tutte le riforme di portata significativa, sorgono anche domande e incertezze riguardo agli effetti retroattivi e alle possibili conseguenze sul mercato finanziario. In questo articolo, esamineremo da vicino le opportunità e i potenziali rischi legati a questa proposta di riforma, offrendo un’analisi approfondita delle sfide e delle opportunità che potrebbero attendere il sistema finanziario italiano e coloro che si trovano in una situazione di indebitamento.
Riforma per cancellare i debiti: a che punto è in Italia?
Nelle scorse settimane, in Italia, si è intensificato il dibattito intorno a una possibile riforma dei crediti deteriorati, un’iniziativa che potrebbe rappresentare una svolta significativa per le famiglie e le piccole-medie imprese in difficoltà finanziarie.
La premessa cruciale è che in Italia ci sono “non performing loans” (prestiti diventati di difficile esigibilità a causa delle condizioni dei debitori) per un valore totale di 350 miliardi di euro. Questo livello, pur essendo diminuito negli ultimi dieci anni, non ha eguali nel resto d’Europa. Questa cifra è destinata a crescere ulteriormente, soprattutto a causa della debole congiuntura economica attuale, che mette a dura prova molte famiglie, specialmente in riferimento all’aumento delle rate relative ai mutui a tasso variabile.
L’esecutivo italiano sembra deciso a introdurre una misura che consenta a famiglie e imprese di sanare la propria situazione finanziaria, aprendo così la porta a future richieste di finanziamenti in caso di necessità. Il piano ipotizzato prevede che i debitori morosi, coloro che sono stati classificati come tali tra il 2018 e il 2021, possano riacquistare il proprio debito al prezzo con cui la banca lo ha ceduto, con un ulteriore 20% di incremento. Questo significherebbe che i debitori – con un limite sugli importi, presumibilmente per alcune centinaia di milioni di euro – otterrebbero la cancellazione delle segnalazioni di inadempienza relative ai loro debiti presso la Centrale Rischi Bankitalia.
La normativa potrebbe anche imporre ai fondi di comunicare l’acquisizione del credito al debitore. Inoltre, nei casi in cui i crediti siano già stati ceduti, il fondo potrebbe dover notificare al debitore il contratto di acquisto per avviare l’azione esecutiva e procedere con l’esecuzione dei beni.
Perché la riforma NPL è critica?
La prospettiva di una riforma dei crediti deteriorati (NPL) in Italia è stata oggetto di intensa discussione, ma emerge chiaramente che condurre una riforma di questa portata è tutt’altro che una passeggiata. Questa iniziativa è stata accolta da una serie di resistenze, e le sue possibili implicazioni retroattive potrebbero minare la certezza del diritto.
Secondo un’analisi condotta dall’Unirec, l’associazione delle società di tutela del credito, una riforma di questo tipo potrebbe avere un impatto negativo sul mercato del credito deteriorato, che finora è stato in grado di autoregolarsi, riducendo i livelli eccessivi raggiunti tra il 2008 e il 2010.
Inoltre, sorgono delle preoccupazioni in merito al possibile mancato rispetto di principi costituzionali, come la libertà di iniziativa economica, e delle norme comunitarie relative alla libera circolazione dei capitali in Europa.
L’agenzia Scope Ratings ha anche sottolineato che a causa della natura retroattiva della proposta, l’appetito per i crediti deteriorati italiani potrebbe diminuire drasticamente. In pratica, nessun operatore finanziario sarebbe interessato a investire in questi NPL se poi rischia che i debitori possano riscattarli prima di una valutazione adeguata.
Inoltre, alcune criticità sorgono anche riguardo al testo della riforma. La proposta stabilisce una stringente limitazione temporale: i debitori hanno solo 30 giorni dopo la notifica per esercitare il diritto di riacquistare il debito e solo 90 giorni per effettuare il pagamento. Questa limitazione temporale potrebbe discriminare tra i debitori morosi.
Gli operatori di settore, oltre alle ovvie azioni di lobbying, stanno lavorando per riesaminare lo schema di riforma alla luce di diverse considerazioni. In primo luogo, si contesta la presunta facilità di generare extraprofitti, poiché il mercato è composto da operatori altamente specializzati con competenze significative. In secondo luogo, se è vero che l’acquisizione dei crediti deteriorati avviene a uno sconto significativo rispetto al valore nominale, è anche vero che bisogna considerare il rischio d’impresa, ossia la possibilità che il credito in questione non venga mai recuperato, soprattutto in un contesto come quello italiano, caratterizzato da noti limiti nel funzionamento della giustizia.
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